Il personaggio: Aldair si é inserito velocemente nell'ambiente romanista
Saudade? No grazie!
di Silio Rossi
Due
occhioni grandi grandi. Un sorriso perennemente stampato sulla bocca. La mano
sempre a muoversi in un gesto di saluto. Aldair Santos Nascimento, «Alda»
ormai per tutti, ha conquistato immediatamente l'ambiente giallo rosso. Eppure
in molti nutrivano dubbi sul suo inserimento. Dicevano che era timido, troppo
timido per poter reggere l'urto di una pressione a lui assolutamente sconosciuta.
E invece «Alda» ce l'ha fatta. Molto prima di quanto anche i più
ottimisti avevano previsto. È scomparso quasi subito anche Fernando,
il brasiliano che la società gli aveva messo al fianco per aiutarlo
nella lingua. Aldair ha voluto bruciare le tappe, si è impegnato al
massimo e adesso può girare da solo, senza paura di sentirsi un pesce
fuor d'acqua., La verità è che non è timido. Affatto.
E solo riservato, che è cosa ben diversa. Un gelosissimo custode della
sua sfera privata, che non permette ad alcuno di metterei il naso. Non è
un caso che si sia sposato in gran segreto con Claudia senza awertire nessuno,
nemmeno la società giallorossa. Se non gli fosse stata rivolta una
domanda diretta, probabilmente saremmo ancora tutti convinti che fosse solo
fidanzato. Ma è un difetto? Proprio no.
Non sa nemmeno che cosa sia la «saudade» la fortissima nostalgia
che affligge solitamente i brasiliani lontani dal proprio Paese. È
abituato a trovarsi fuori di casa. Fin da quando aveva 15 anni. Un'awentura
finita ancora prima di cominciare al Vasco da Gama, poi al Flamengo E Rio
de Janeiro in confronto ad lIehus, sua città natale a circa 5 ore di
viaggio da Bahia, è già un'altra cosa. Non solo perché
ci sono più macchine, più gente, più caos. È diversa
anche perché c'è tanta violenza, c'è la droga, c'è,
non sapendo resistere, l'inferno.
Ma lui resiste, anche se scappa dopo soli 4 mesi dal Vasco perché,
racconta lui stesso, lo trattano male e approda al Flamengo. Alcol, droga,
vita scriteriata non fanno per lui. Non fuma nemmeno. Ha davanti agli occhi,
dentro la testa, una sola idea fissa: tirare calci ad un pallone. Anche perché
sa farlo bene, meglio di tanti suoi coetanei. Sebastiao Lazaroni lo nota subito
e non ci pensa due volte a buttarlo nella mischia. Così «Alda»
diventa un professionista. È bravo, talmente bravo che arriva anche
ad essere convocato in Nazionale. È così bravo che il Benfica
lo adocchia e lo porta via dal Brasile con una manciata di spiccioli. Il resto
è storia nota a tutti: la finale di Coppa
Campioni contro il Milan persa di un soffio, la sua marcatura implacabile
su Van Basten, la sua delusione per non giocare nemmeno un minuto ai Mondiali.
Prova amarezza, Aldair, ma non riesce a portare rancore all'uomo che gli ha
impedito di sognare. Quel Lazaroni che lo ha valorizzato, voluto in Nazionale,
ma che all'atto pratico gli ha preferito prima Mozer e quindi Ricardo Rocha.
Non può odiarlo, non è nel suo carattere. Ed anzi quando lo
rivede al termine di RomaFiorentina, non esita a regalargli la maglietta giallorossa
«Alda» è fatto così.
Ed è per questo che nella Roma gli vogliono tutti bene. Fin dai tempi
del ritiro i suoi nuovi compagni hanno fatto a gara per fari o sentire a casa
sua. Non hanno dovuto faticare molto. Aldair non si è rannicchiato
su sé stesso, come si temeva, ma si è aperto con uno slancio
incredibile. Già la prima sera ha imparato i nomi di Desideri («Stefano-Stefano»,
ha continuato a ripetere per un periodo), di Peruzzi, di «Cicoria»
Tempestilli. Ha fraternizzato con Bruno Conti («Un mito anche in Brasile»),
ha legato con massaggiatori e magazzinieri. E in poco tempo ha imparato anche
l'italiano. Un «full immersion» davanti alla televisione, un'applicazione
costante nel leggere i quotidiani (Mi piace leggere i giornali..), soprattutto
la voglia di capire tutto e subito per non restare un corpo estraneo. Ha fatto
in fretta. A dimostrazione della sua buona volontà. Ora risponde a
tutto e a tutti. Basta parlargli piano e lui ribatte con pertinenza a qualsiasi
domanda. Sul campo, invece, non ha avuto problemi. Il calcio è una
lingua internazionale, non ha bisogno di traduzione. Specie per chi, come
lui, sa dare del tu al pallone. Adesso è più tranquillo anche
perché ha trovato casa. L'albergo, ancorché confortevole e bello,
gli piaceva poco. Meglio pochi metri quadrati, ma vissuti in intimità.
Con Claudia, sua moglie. Ora il tragitto da Trigoria a casa lo fa con più
gioia. Si è costruito il suo piccolo nucleo familiare, dove rifugiarsi
dopo le fatiche e le preso sioni del suo lavoro. Dovrà poter fare progetti
per il futuro in tutta tranquillità, lontano dal clamore della metropoli.
Ilheus è distante. Dall'altra pa,rte del mondo. Ma non prova nostalgia.
E' felice ugualmente perché ha tutto quello che desiderava: una moglie,
una casa, un club italiano, un futuro senza incertezze. Ma quale timidezza,
«Alda» è fatto così.
Tratto da La Roma ottobre 1990
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